Pressbook ROF 2008

Il tema dell’amore, centrale per ogni compositore operistico, è trattato da Rossini con una varietà di approccio sorprendente, anche per l’originalità dei soggetti svolti, taluni assai più vicini all’inquietudine dell’uomo moderno che alla passione dei romantici. Le storie d’amore raccontate da Rossini sono fra loro molto diverse, e non prendono le mosse dall’esperienza sentimentale vissuta dai protagonisti, alla quale mai siamo chiamati a partecipare in forma diretta: esse riguardano per lo più ciò che involge il rapporto amoroso vero e proprio e lo rende tormentato e impossibile per insormontabile incomunicabilità (come quello fra Amenaide e Tancredi), per indecifrabile turbamento (come quello fra Elena e Uberto), per inconciliabile contrasto ideologico (come quello fra Elcia e Osiride), per tragica conflittualità (come quello fra Semiramide e Arsace), per assurda gelosia (come quello fra Desdemona e Otello). Perfino nelle vicende leggere dell’opera giocosa il rapporto amoroso è governato da eventi e situazioni il più delle volte estranei all’attrazione dei sensi, al richiamo dei sentimenti, al gioco dei corteggiamenti.

Le due grandi opere serie allestite quest’anno, Ermione e Maometto II, senza dubbio le punte estreme di un filone compositivo dotato di respiro drammatico possente, classicamente distante e atemporale, colgono gli esiti di passioni amorose vissute con la furia e la fatale intensità che solo si ritrovano nei grandi affreschi verdiani della maturità. Il passaggio dall’amore all’odio è vissuto da Ermione con forza selvaggia e una determinazione sconvolgente che lascia l’ascoltatore senza fiato e senza speranza; la rinuncia alla felicità di Anna è quanto di più toccante e commovente sia dato ascoltare: Rossini, forse per la prima e unica volta nel suo percorso creativo, evoca il di lei amore per Maometto con accenti di tale sincerità, di tale autentica e cruda sensualità, da contravvenire apertamente alla regola di riserbo e pudore che aveva imposto alla sua ispirazione nell’affrontare il terreno scivoloso dei sentimenti.

Anche la terza opera, L’equivoco stravagante, affronta il tema dell’amore con ingredienti inconsueti e, all’epoca, certamente imbarazzanti, sia per quanto riguarda i comportamenti disinibiti di Ernestina, astutamente mascherati da innocente candore, sia per quanto riguarda gli stralunati corteggiamenti di Buralicchio, scopertamente allusivi a realtà proibite. Che L’equivoco stravagante sia stata composta quasi per gioco, nella cornice del carnevale di una città goliardica per eccellenza, Bologna, da un ragazzo scanzonato e geniale alle soglie di un professionismo appena avviato, non basta a spiegare il miracoloso soffio lieve e libertario che trasforma in godibilissima farsa, intelligente e saporosa, un soggetto obiettivamente difficile da strutturare in opera lirica con capo e coda.

Per il Maometto l’impostazione registica di Michael Hampe partirà da un fondamentale rispetto della verità storica e ambientale, ma terrà conto delle ragioni che contrappongono oggi in modo così problematico due grandi civiltà, due culture e due religioni che esprimono valori di assoluta rilevanza etica e sociale, anche quando conflittivamente vissuti. Lo interpreteranno Michele Pertusi, Daniela Barcellona (e, il 20/8, Hadar Halevy, che porterà il personaggio di Calboin Giappone, nella tournée che il ROF effettuerà il prossimo novembre), Francesco Meli, voci illustri cresciute a Pesaro, ideali per dare a Maometto, a Calbo e a Erisso la dimensione etica di difensori di uno Stato-Potere che assume la grandezza del simbolo. Una giovane talentosa debuttante, uscita dall’Accademia pesarese dello scorso anno, Marina Rebeka si cimenterà con l’umanissimo e dolente personaggio di Anna, vittima di sentimenti che accetta per fede e disciplina, quando il sangue pretenderebbe amore e trasgressione. Gustav Kuhn torna a Pesaro, interrompendo la travolgente saga wagneriana che ha fatto nascere a Erl, per rileggere la partitura del “tedeschino”, così impregnata di sapiente tradizione strumentale d’oltralpe.

La ripresa di Ermione, ritardata dalla difficoltà di trovare interpreti adeguati, riaprirà la querelleintorno a questo capolavoro che perfino lo smaliziato pubblico napoletano aveva giudicato improponibile, così da farlo ritirare dalle scene dopo una sola rappresentazione. Si tratta indubbiamente di un’opera dove la violenza dei sentimenti disegna contorni che sembrano negati alla fredda artificiosità del segno belcantistico. Per riuscirvi gli interpreti devono ricorrere a forzature estreme, trasformando il virtuosismo di una scrittura vocale incandescente in una ininterrotta tensione drammatica. La difficile sfida vedrà per la prima volta insieme i cugini Roberto e Daniele Abbado, rispettivamente direttore e regista dello spettacolo, che avranno a disposizione una schiera di collaudati artisti “pesaresi”: Sonia Ganassi, Marianna Pizzolato, Gregory Kunde, Antonino Siragusa, Ferdinand von Bothmer, Nicola Ulivieri, Riccardo Botta.

L’equivoco stravagante è una riproposizione dello spettacolo che Emilio Sagi curò per il ROF nel 2002: una lettura moderna e fantasiosa che cerca di distogliere l’attenzione dell’ascoltatore dai pesanti doppi sensi del testo per indirizzarlo verso una trama di spiritosa sensatezza. Gli interpreti, interamente rinnovati, sono Marina Prudenskaja, Bruno de Simone, Marco Vinco, Dmitri Korchak, Amanda Forsythe; li guida Umberto Benedetti Michelangeli, un beniamino del pubblico pesarese.

Due concerti sinfonico-vocali si alterneranno agli spettacoli lirici: nel primo Juan Diego Flórez, accompagnato dalla prestigiosa Orquestra de la Comunitat Valenciana diretta da Alberto Zedda e dal Coro da Camera di Praga, attesterà la nascita del tenore romantico, con brani tratti da La donna del lago e Guillaume Tell; nel secondo Joyce DiDonato renderà omaggio a Maria Malibran, nella ricorrenza del bicentenario della nascita, cantando brani del suo repertorio.

Il Festival Giovane ripresenterà l’acclamato allestimento de Il viaggio a Reims ideato da Emilio Sagi, direttore il russo Denis Vlasenko, a conclusione dei corsi dell’Accademia Rossiniana, al quale seguirà il tradizionale Stabat Mater diretto da Alberto Zedda e cantato da Julia Lezhneva, Daniela Barcellona, Celso Albelo, Lorenzo Regazzo. Entrambe le opere si avvarranno della collaborazione dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e del Coro da Camera di Praga, storici partners del ROF. La compagine bolognese suonerà anche nell’Ermione agli ordini di Roberto Abbado, concertatore illustre finalmente approdato nella “sua” Pesaro.

L’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento torna al ROF per il terzo anno consecutivo. Nel Maometto II, nell’Equivoco stravagante e nel Concerto Malibran si apprezzeranno le sue esecuzioni classicamente rigorose, temperate dalla freschezza e spontaneità pretese dal repertorio rossiniano.

Intorno al Festival i consueti concerti di belcanto, con Carmela Remigio, Lawrence Brownlee, Patrizia Ciofi, e i tradizionali “incontri” a cura dei musicologi della Fondazione Rossini.

   Alberto Zedda, direttore artistico del ROF

© Zedda-Vázquez