Adelaide di Borgogna, la sublimazione della vocalità

Adelaide di Borgogna. Produzione di Pier’Alli. ROF 2011

È ozioso esercizio elucubrare se Adelaide di Borgogna sia più o meno bella di altre opere, è però possibile affermare che in nessun’altra vi circola con altrettanta evidenza lo spirito cavalleresco di un Medioevo intessuto di intrighi e di lotte, ma anche di sublimi virtù. Sullo sfondo di una plebe amorfa, facile a schierarsi dietro l’ultima bandiera vittoriosa, si stagliano figure regali che nel bene e nel male grondano nobiltà e fierezza, librate in una storia senza tempo né confini geografici.

Se nel Tancredi l’amore, l’amicizia, la devozione, il rispetto trovano umani accenti e generose rinunce; se nella Donna del lago feroci contese politiche non cancellano un privato che scioglie gli animi in concenti sofferenze, nell’Adelaide di Borgogna sentimenti intensissimi palpitano sotto il gelo di una ragion di stato che sovrasta il destino dei protagonisti.

Sin dal primo apparire Adelaide di Borgogna ha sorpreso e disorientato anche rossiniano di sicura fede che vi ritrovano attenuate peculiarità che dopo i raggiungimenti napoletani sembravano per sempre acquisti alla sua corda.

Sostituita con un cupo sottofondo di cori bellici l’ambientazione naturalistica e protoromantica, che nel Tancredi e ancor più nella Donna del lago cinge di poesia le emozioni evocate da storie lontane; scomparsa l’ambiguità espressiva, l’inquieto chiaroscuro che fanno moderni i caratteri di Elena, di Elisabetta, di Anna; ridotta la dimensione dei grandi pezzi d’assieme dove il coro si unisce ai protagonisti per innalzare l’arco che poggia sull’Introduzione e sul Finale primo; smorzata la rutilante orchestrazione elaborata per la splendida compagine sancarliana, rapportata alle più modeste possibilità dei suonatori del Teatro Argentina; poco impiegata la Scena, così arditamente sviluppata nel Mosè, nel Maometto II e nell’Ermione, preferendole sequele di arie e duetti ossequenti alla poetica degli affetti: per tutto questo Adelaide di Borgogna è sembrata opera retrodatata, che ha segnato per Rossini una battuta d’arresto nell’impetuoso progredire.

Non concordo con questo giudizio. Una storia dominata da forze che sospingono in secondo piano i sentimenti dei singoli necessita di un canto a tutto rilievo, più che mai protagonista assoluto, ricco di lirismo e di umori inconsueti, di abbandoni tenerissimi e di corrusche accensioni. In questo canto Rossini unisce il massimo di virtuosità col massimo di espressività, in felice equilibrio fra la purezza apollinea delle prime composizioni giovanili e le meno innocenti volute dionisiache di una vocalità rotta ad ogni artificio della tecnica. Un’opera dunque, Adelaide, di cifra e ascendenza classiche e di esiti maturi, tappa necessaria per accedere al grande affresco riassuntivo di Semiramide.

Alberto Zedda
Di Divagazioni Rossiniane © Ricordi

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